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Introduzione

“La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare”.
La potenza e diremmo la perentorietà dell’Enciclica del Santo Padre, ovvero la sollecitata urgenza antropologica, non lasciano spazio se non a comprendere quanto lo stesso messaggio e le stesse tesi di Papa Francesco possono scalfire e influenzare lo sviluppo comune come fino ad oggi conosciuto nel mondo e non possono che farci riflettere e agire nella direzione dello sviluppo in termini di sostenibilità, oggi l’unica chiave di risposta a un’accelerazione economica spasmodica che, con i 7 miliardi di abitanti, vede Paesi un tempo “sotto o meno” sviluppati, diventare negli ultimi trenta anni le nuove potenze mondiali con produzioni inevitabili di ulteriori impatti.
Per cui il cambiamento non può che essere integrale, inteso come uomo e ambiente indissolubilmente legati.

1. LA MADRE TERRA E’ LA NOSTRA CASA: LA SFIDA ANTROPOLOGICA

La Terra è un dono della creazione non è nostra per questo dobbiamo amministrarla nell’interesse comune. Non è a uso e consumo proprietario dei singoli e dei singoli Stati.L’autorevolezza del messaggio della Laudato Si è proprio insita nella capacità di parlare erga omnes con un linguaggio schietto e diretto, semplice, deciso e avvolgente, rivolto ai credenti e ai non credenti in modo ecumenico e analitico nello stesso tempo, solo con la forza dei valori dell’Uomo nell’interesse di tutti gli esseri viventi del Creato.
Da sempre l’essere umano, in un modo o in un altro, si è interrogato sul senso della propria esistenza, sul proprio posto nell’ordine dell’universo, sull’origine e sul perché del vivere insieme, oggi diremmo “il perché della Governance” dell’uomo sul Pianeta Terra.
L’attuale situazione di urgenza ambientale, con le sue matrici politico-economiche-finaziarie, sociali e culturali, sollecita a porsi nuovamente le antiche domande al fine di individuare percorsi che rendano possibile un prendersi cura reciproco in relazione alla casa comune che abitiamo. L’essere umano e gli Stati devono comprendere quale ordine sociale (convivenza terrena) possiamo organizzare per vivere meglio tra noi e per vivere meglio la relazione con la nostra madre Terra.
La sostenibilità politica, sociale, economica/finanziaria, energetica-ambientale, sono da considerarsi come nuovi valori non solo di tutela dell’ambiente ma anche di difesa e di nuova valorizzazione della persona. L’uomo non è, e non può essere, solo consumistico o economicus, deve invece sempre più affermarsi come essere pensante del Terzo Millennio che ama la vita propria e altrui e quindi per questo, difendendo l’ambiente, difende sé stesso dagli egoismi sfrenati della produzione fine a sé stessa, della tecnologia non legata ai valori dell’uomo e della molta ricchezza concentrata nel mondo in poche decine di migliaia di possessori. Tutto ciò dovrà portare a nuovi concetti di convivenza sociale ed organizzativa.
I teorici dell’organizzazione sostengono che questa si formi dalle attività che gli individui non sanno esercitare per proprio conto, o che non possono essere eseguite con altrettanta efficacia ed efficienza rispetto a quanto possibile con lo sforzo di un gruppo organizzato. L’uomo ha bisogno di una relazione di fiducia con l’altro, questo è il principio perché possa avvenire la sua evoluzione ed il suo progresso sostenibile.
Per questo, la tecnologia, strumentale al funzionamento organizzativo, deve essere sempre più rispondente all’uomo e ai suoi bisogni di ecologia integrale; non una tecnica che cerca solo uno sviluppo di apparati per produrre business, producendo diseguaglianze sempre crescenti e crisi cicliche nell’economia mondiale. Ma una tecnologia di condivisione, di elevazione della persona umana e di sviluppo senza che questo possa intaccare il capitale naturale.
L’epidemia in atto è una grande simulazione, un grande “campo di battaglia” del “bene e del male”, dello sviluppo fino ad oggi perseguito e della rappresentazione dell’integrazione mondiale in atto da molti decenni.
Oggi abbiamo la capacità di riflettere e di cogliere le opportunità della crisi, l’Europa lo sta facendo, la comunità mondiale nella sua interezza fa ancora fatica a trovare utili e indispensabili convergenze. Si tratta non di bloccare lo sviluppo ma di costruirne un altro, regolamentando il presente e avendo maggiore considerazione delle differenze sociali e economiche esistenti, della necessità del riequilibrio territoriale tra zone urbane e zone rurali e montane, dell’impellenza di non proseguire a consumare suolo vergine, di dovere rigenerare e manutenere le città e i boschi, avendo maggiore riguardo e cura della nostra Madre Terra, delle nostre montagne, dei nostri mari, della nostra biodiversità, capitali essenziali per la vita di ogni Uomo e di ogni Donna. Da qui l’urgenza di costituire un luogo di incontro nel quale far convergere sensibilità e competenze differenti, accomunate dal desiderio di interrogarsi, essendo consapevoli che è attraverso una sinergia transdisciplinare ed una partecipazione diffusa (del tutto è connesso) che si possono individuare istanze capaci di fecondare ulteriormente il comune desiderio di abitare il nostro tempo.
Diviene importante il rinnovato impegno – spirituale, teorico, pratico – di favorire una socialità che, nel valorizzare la persona (rileggendone anche i diritti esigibili e non esigibili), promuova un senso di appartenenza fondato sulla responsabilità condivisa, in funzione della famiglia umana.

2. LA STORIA DELLA TERRA, LA VITA, L’ACQUA, LA TECNOLOGIA

Scienza e religione, tecnica e cultura, filosofia ed economia sempre hanno affrontato in un confronto serrato e a volte segnato da scontri di idee che hanno segnato le vicende storiche nei secoli scorsi, il tema esistenziale dell’origine della Terra e dell’Uomo.Una immensa esplosione chiamata Big Bang, 14 miliardi di anni indietro nel corso della storia della Terra, ha dato inizio alla teoria dell’Universo e, secondo l’idea evoluzionistica, le prime forme di vita “comparvero” sulla Terra circa 4 miliardi di anni fa e, da allora, iniziarono a svilupparsi e ad evolversi.E’ la teoria che l’Uomo è padrone di se stesso e a Lui tutto è concesso senza nessuna responsabilità trascendentale. Libero di agire e anche di sbagliare e anche di non porsi alcun limite nella Sua azione.
Queste diverse teorie hanno attivato un confronto tra i credenti dai non credenti ma ha anche sempre prodotto condivisione di valori e azioni per il bene e la casa comune.  Oggi è tempo di unire le forze e la forza delle idee per difendere la casa comune. Il movimento delle aree in cui è suddivisa la parte più superficiale del nostro pianeta, chiamato tettonica delle placche, sembra abbia preso il via poche centinaia di milioni di anni dopo la nascita del pianeta stesso, provocando movimenti, rotture, scontri, subduzioni (lo scivolamento di una zolla sotto l’altra). L’origine della vita sulla Terra è databile a quando sulla superficie terrestre comparve l’acqua allo stato liquido, e 2,7 miliardi di anni fa, quando la prima incontrovertibile evidenza della vita è stata verificata dagli scienziati mediante l’utilizzo di isotopi biomarcatori molecolari che mostrano le prime attività di fotosintesi. Si ritiene in ogni caso che la vita abbia avuto origine intorno ai 3,9-3,7 miliardi di anni fa, quando la terra iniziò a raffreddarsi fino ad una temperatura alla quale l’acqua poté trovarsi diffusamente allo stato liquido. La storia dell’uomo può essere associata al ritrovamento del primo manufatto tecnologico australopithecino, a partire dalla comparsa del genere Homo, 2,5-2,6 milioni di anni fa, oppure a partire dalla comparsa di Homo sapiens, il cosiddetto “uomo moderno”, molto più recente.
La creazione o la comparsa della vita sul Globo caratterizzano la speculazione identitaria di ognuno di noi in relazione alle risorse primarie fonti di vita (acqua, terra), cui ciascuno si sforza di dare una risposta ideale e trascendente o tecnica e pragmatica. Ma il dibattito teoretico sull’origine della Terra che ha segnato ogni nostra epoca da almeno 2.000 anni deve produrre oggi una nuova e necessaria spinta a difesa dell’ambiente quale sostentamento materiale ma anche ideale della vita sulla Terra. 

3. IL NEW GREEN DEAL E LA SOSTENIBILITA’ IN EPOCA COVID 19

Il 2020 è un anno epocale che fra molto decenni quando la storia rileggerà con un adeguato intervallo di tempo i fatti odierni, definirà, storico. Per due motivi essenziali: la messa a punto di iniziative politiche europee e del nuovo corso dopo le ultime elezioni europee del 2019 denominato come “New Green Deal” e la pandemia SARS-CoV-2 che sta stressando gli Stati di tutto il mondo ma soprattutto sta cambiando e stravolgendo i modi di convivenza, produzione e di scambio delle società più evolute democraticamente ed economicamente. Questi due grandi avvenimenti possiamo dire e sostenere che stanno chiudendo e superando la fase della globalizzazione iniziata già prima della caduta del Muro di Berlino del 1989 ma da questa accelerata, cioè di quel lungo periodo di sviluppo economico-organizzativo mondiale incessante ed esponenziale che ha in modo chiaro inciso sulla sovra utilizzazione delle risorse naturali, del cosiddetto capitale naturale, e della super produzione di beni e servizi (contrario al principio delle green economy e green finance).
La decisa svolta delle politiche europee e la prima vera pandemia globalizzante che il mondo sta conoscendo dopo la “Spagnola” dei primi anni del ‘900, incideranno in modo netto sul nostro sviluppo di sostenibilità culturale, ambientale, sociale, economica e finanziaria.
I valori della sostenibilità e del benessere sono da intendersi, ormai da qualche decennio, non solo in termini di ricchezza materiale misurabile attraverso l’indice tradizionale del PIL (Prodotto Interno Lordo) ma anche e soprattutto sono da intendersi, oggi in termini di tesoro valoriale immateriale ma altrettanto importante per la sfera personale e sociale dei cittadini e misurabile con l’indice entrato nell’uso comune e di molti documenti governativi, di BES (Benessere Equo Sostenibile), in coerenza con le scelte e gli indirizzi che promanano dall’Unione Europea e dell’Agenda 2030 per i diciassette obiettivi da perseguire ai fini dello sviluppo sostenibile. Per questo nel momento straordinario che stiamo vivendo di trasformazione forzosa del vivere quotidiano, continuare con ulteriore slancio e convinzione in questa grande necessità e opportunità di trasformazione dei cicli produttivi e delle nostre abitudini, è un must e un indirizzo virtuoso che deve essere utilizzato per scelte etiche e coraggiose in grado di rilanciare il Paese e di mettere in atto un nuovo paradigma di sviluppo a livello mondiale. 

4. TERRITORI, CULTURA RURALE, FORESTALE, MONTANA, DEMOGRAFIA, RISORSE NATURALI

Quando si parla di consumo delle risorse naturali, non si può non affrontare il tema della distribuzione della popolazione nelle aree abitabili come anche quello della distribuzione della ricchezza all’interno delle diverse fasce di popolazione, sia intese per macro aree geografiche del Pianeta sia all’interno dei territori dei singoli Stati. Infatti nel corso dei 2.000 anni trascorsi di civiltà dell’Uomo è sempre aumentato progressivamente il livello di urbanizzazione dei grandi centri cittadini o nelle megalopoli e sempre più si assiste ancora oggi allo spopolamento delle zone rurali e montane e delle zone interne del Pianeta. La presenza dell’Uomo in ogni area del globo è vitale per decongestionare le grandi aree urbane produttrici inevitabilmente di inquinamenti e di maggiori difficoltà nella gestione degli stessi, per presidiare le aree più lontane dalle città e quindi prevenirne il degrado anche delle popolose pianure attraverso le azioni di gestione dei territori e diminuire l’impatto sulle risorse naturali attraverso modelli di vita più rispettosi della Terra. Qui si apre anche la riflessione “sull’inverno demografico” di molti territori che rischiano lo spopolamento, ma anche le nascite a crescita “zero”. Questo cambiamento dei disequilibri oggi esistenti può avvenire se il “Green New Deal” ha la capacità di generare, in questa epoca con uno sforzo ideale e di risorse da impiegare, anche di dare nuovo slancio culturale e linfa all’economia rurale e montana, agroalimentare e silvo pastorale da sempre viva nella comunità nazionale ma presente in tanti innumerevoli esempi di piccole e virtuose comunità in tutto il mondo.
Quindi un’economia e una finanza nuova sostenibile e crogiolo di cultura millenaria che non possono essere dimenticati a favore delle sole concentrazioni urbane che sono attrazione di investimenti e di attenzioni, ma anzi la digitalizzazione e la focalizzazione sull’ambiente devono privilegiare il collegamento e la connessione di queste comunità oggi meno numerose ma che in un futuro prossimo devono essere la portanza dello sviluppo sostenibile.

5. AMBIENTE, ORGANIZZAZIONE  E SVILUPPO SOSTENIBILE DEI TERRITORI

Il risanamento e la rigenerazione possono e devono rappresentare un vero e proprio driver per l’avvio di nuovi modelli per lo sviluppo sostenibile, che può essere attivato attraverso conoscenze amministrative, scientifiche e tecnologiche e competenze condivise, nell’ambito di una collaborazione ampia e consapevole tra il sistema istituzionale ed il comparto industriale e quindi dietro quel rapporto sempre attuale del rapporto pubblico-privato (valorizzando il concetto della sussidiarietà orizzontale e verticale). Recuperare il territorio inquinato significa, infatti, dare nuova vita a aree del nostro Paese un tempo manomesse, realizzando servizi, infrastrutture verdi, insediamenti industriali sostenibili di nuova generazione, attività produttive. Per fare questo serve un quadro normativo snello ed adeguato e la valorizzazione delle tecnologie di alto livello, che sono un’eccellenza nazionale e una condivisione di questi valori di più alto livello e interlocuzione del Sistema Paese (la cura e la tutela dei beni di pubblica utilità).
La fase della transizione verso nuovi modelli di sostenibilità richiederà tempo, impegno comune e condivisione dei principi e delle azioni, dovremo utilizzare le realtà locali, le reti di prossimità ma anche competenze specifiche, dalle professionalità in ambito digitale, ridisegnando spazi pubblici e privati, ripensando i trasporti, potenziando le reti informatiche per garantire la qualità di chi opera in regime di smart-working, modificando gli schemi di organizzazione aziendale; anzi queste azioni e questa sfida sarà sempre più vincente quanto queste istanze proverranno dai territori più distanti in termini fisici ma anche ideali dalle sovra popolate città o avremo la capacità di lavorare “gomito a gomito” con le popolazioni locali e con gli Enti Territoriali che  rappresentano bisogni e istanze dei cittadini. Saranno necessarie, da un lato, competenze e risorse ma dall’altro imprescindibili sinergie tra ambiente e salute ma anche tra tecnologia ed economia, una visione sistemica centrale adeguata ad una ripartenza senza eguali, innovativa, integrale. 
Siamo consapevoli che non sia possibile parlare di sostenibilità sociale ed ambientale prescindendo dalla sostenibilità economico-finanziaria perché la crisi attuale è crisi sistemica.  La sfida nella sfida diventa allora quella di approfittare delle necessità attuali per fare del circuito organizzativo green un veicolo di ripresa e di rilancio nel lungo periodo non più episodica. Dalla tecnologia alle politiche incentivanti, dalla semplificazione amministrativa a nuove forme di governance efficiente, dalla salute circolare a modalità lavorative sicure. E in questa ottica sviluppare e mettere in sicurezza gli immobili e i relativi impianti, i territori, le coste, i boschi, le città e le periferie.
Occorre quella visione integrale dell’Uomo e della Donna di rinnovamento verso una idea del Pianeta Terra – Casa comune da intendersi non solo in una visione consumistica ma di condivisione di tutta questa immensa ricchezza prodotta per un mondo più equilibrato nella ricchezza dei valori e in quella anche in beni materiali.

6. CURA E RICOSTRUZIONE

La promozione della sicurezza dai rischi naturali è il risultato di valutazioni e approfondimenti che riguardano l’approccio sistematico sul tema del miglioramento della sicurezza del patrimonio abitativo e la “visione” delle modalità operative ma anche la ricognizione delle principali attività in corso, per assicurarne la valorizzazione ed evitare ogni inutile duplicazione e l’individuazione del fabbisogno di dati e delle informazioni rilevanti; si promuove così il necessario coordinamento delle fonti informative esistenti e la loro accessibilità ma anche un elenco di Piani d’azione prioritari, costruiti a legislazione e amministrazione ordinaria per assicurarne l’applicabilità sull’intero territorio nazionale.
Al fine di poter garantire e dare continuità a tale approccio, è necessario agire in modo sistematico su tutte e tre le componenti del rischio (pericolosità degli eventi, vulnerabilità degli edifici, livello di esposizione di persone e beni), privilegiando interventi che non obblighino le persone e le comunità a modificare le proprie condizioni di vita, cosi come affrontare in modo integrato i diversi rischi naturali (sismico, idrogeologico, vulcanico, quelli legati a cambiamenti climatici…) e costruire soluzioni che valorizzino le potenzialità delle innovazioni tecnologiche sviluppate sia nell’edilizia che in altri settori (sensoristica, big data, comunicazioni satellitari, nuovi materiali). La necessità di progettare una politica di promozione della sicurezza coerente con le specificità del nostro Paese è ancora più necessaria considerando la responsabilità etica e culturalmente rilevante nei confronti dell’intera umanità di un patrimonio storico-culturale e paesaggistico unico.
Per questo è stata ideata la “Carta delle Ricostruzioni (post sisma)” che prende origine dalla necessità di una condivisione ampia che punta al miglioramento delle attività in termini di ricostruzione. Ma anche quello della costruzione di un progetto con l’intento di rendere le ricostruzioni più performanti, più rapide, più sicure, più efficienti, più trasparenti.
La Carta delle ricostruzioni è stata messa a punto da esperienze diversificate, in alcuni casi simili seppure con impostazioni diverse, quali il Centro Italia, Molise, L’Aquila, Ischia, Emilia-Romagna, e affronterà diversi aspetti del processo della ricostruzione: governance, normativa, procedimenti, politiche urbanistiche, personale impegnato, tecnologie utilizzabili, flussi finanziari, comunicazione.
La ricostruzione parte nel presente da esperienze pregresse e traguarda un futuro in cui i territori “rivivono una nuova vita o continuano in modo diverso ad esprimere la loro forza anche evocativa e in cui i cittadini non solo rientrano a casa ma si riappropriano della propria vita”. In questo Sviluppo della Persona in Equilibrio con il Creato non potranno mancare dei programmi formativi in materia di Amore, Sentimenti e Relazioni specie in un periodo di Pandemia da Covid 19.
Difatti alla base di tutte le attività di cura e ricostruzione, seppur a partire dalla promozione della sicurezza dei rischi naturali, alla base è fondamentale e imprescindibile considerare la relazione della persona verso la persona e della persona verso il Creato tutto (tutto è connesso).  La dimensione relazionale per la specie umana è morfologica ed è costituente l’equilibrio che essa stessa instaura nelle sue complessive manifestazioni di vitalità. Ancor di più nella valutazione dei rischi provenienti dall’ambiente in cui abita, in senso lato.  Va incrementato, formato e favorito il senso di “prendersi cura con amore” di tutto quanto viene agito in nome dell’umano.   

7. GESTIONE E RIGENERAZIONE

Secondo i dati dell’Onu, il settore delle costruzioni (e le relative filiere edilizia e immobiliare) non è soltanto il più grande settore industriale in termini economici, ma anche in termini di utilizzo di risorse e impatti sull’ambiente, visto che consuma nel mondo più del 40% dell’energia primaria complessiva, il 40% delle materie prime e il 13% dell’acqua potabile. Considerato che in Italia oltre il 74% degli edifici residenziali è stato costruito prima del 1980 e oltre il 70% di questi sono in classe energetica “G o F”, recuperare questo immenso patrimonio immobiliare in chiave sostenibile significa risparmiare suolo e tagliare le emissioni di carbonio che si avrebbero costruendo da zero. Deve essere considerato inoltre che in un corretto approccio alla rigenerazione urbana dobbiamo preservare anche il valore appartenente al patrimonio storico-artistico testimoniale e culturale degli edifici e borghi storici che rappresentano soprattutto in Italia un tesoro identitario di inestimabile valore.
Rigenerare questi luoghi bisognosi di manutenzione evolutiva è indispensabile non solo per raggiungere gli obiettivi per l’attenuazione degli impatti nefasti sui cambiamenti climatici, ma anche per la rinascita dei centri storici cittadini, per la rivitalizzazione delle aree interne e dei territori montani come già previsto dalla strategia del Green New Deal e base della recente Legge sui Piccoli Comuni. D’altra parte già ora numerosi Comuni hanno promosso iniziative per attrarre l’attenzione di persone provenienti dalle città che vogliono investire in questi piccoli ma pregevoli borghi attraverso l’acquisto delle abitazioni a prezzi simbolici o attraverso forme incentivanti del cosiddetto albergo diffuso, una forma di utilizzazione turistica rispettosa dell’ambiente.
Occorre una profonda trasformazione green e manutentiva delle intere filiere edilizia e immobiliare finalizzate alla realizzazione di un ambiente costruito resiliente, sostenibile e produttore di impianti che generino salubrità per la popolazione. Su tale scia il Parlamento Italiano ha approvato l’ordine del giorno che impegna il Governo a valutare l’opportunità di adottare iniziative volte a sostenere gli investimenti per la messa in sicurezza degli immobili e dei relativi impianti (in particolare per ascensori, antisismica e per antincendio) con materiali, metodologie e protocolli energetico-ambientali – rating system. E in questa ottica sono da approfondire gli impatti positivi di una manutenzione della disciplina delle Siiq e dei Fondi Immobiliari per portare capitali sui territori e le città in chiave energetica-ambientale. Indispensabile, inoltre, la gestione dei danni da catastrofi naturali con sistema strutturato e con partecipazione assicurativa.
A tal fine è necessario siglare un grande patto di collaborazione pubblico-privato che abbia un duplice impegno: lo Stato ponga in atto gli strumenti legislativi, normativi e finanziari per la semplificazione e la rapida ripartenza delle filiere edilizia e immobiliare per la cosiddetta deep renovation; gli imprenditori attuino una trasformazione del patrimonio edilizio in direzione di una sostenibilità misurata e certificata secondo le migliori pratiche e strumenti nazionali e internazionali.
In questa direzione l’istituto recentemente previsto del cosiddetto eco bonus il cui finanziamento dovrebbe essere riattivato anche nell’ambito del Recovery Plan nazionale è una di quelle azioni che rispondono a queste esigenze di sostenibilità vitali per il nostro Paese. In tale ottica importante prevedere la trasformazione dell’ecobonus 110% come parte di una più ampia e completa strategia energetico-ambientale che veda due aspetti prioritari: da un lato, una maggiore premialità agli interventi integrati sul sistema edificio (e di converso meno premiati interventi su miglioramenti parziali o su singoli aspetti) anche mediante la cumulabilità di differenti forme di incentivo, chiedendo in contropartita la corretta applicazione di processi di certificazione in conformità a protocolli energetico-ambientali (rating system) come già previsto e riconosciuto dall’attuale decreto CAM Edilizia; da un altro lato, la possibilità di estensione di tale strategia energetico-ambientale  ai settori che attualmente non possono usufruire dell’agevolazione (es. immobili strumentali, merce e patrimonio e interventi di adeguamento di impianti prendendo con particolare riguardo soluzioni per l’emergenza abitativa e per gli immobili turistico-culturali).
Per superare in modo più forte la complessa crisi che il mondo sta attraversando occorre operare scelte produttive anche se diverse rispetto a quanto attuato fini ad oggi, ovvero, citando le parole di Papa Francesco “…non possiamo illuderci di poter rimanere sani in un mondo malato”.

EVENTI

24 Febbraio 2024, Roma
LE VIE PER FARE LA PACE
Nel giorno in cui la guerra in Europa entrerà nel suo terzo anno, la Fondazione Communia, attraverso il gruppo di lavoro creato da Luigi De Giacomo, denominato “Costruttori di Pace” e tutte le organizzazioni aderenti, i cittadini e le cittadine che vorranno contribuire, promuovono un’iniziativa pubblica per dare voce alla volontà di bandire la guerra dalla storia.  Queste, le 5 dimensioni tematiche in cui sono articolati i tavoli della mattinata e i relativi gruppi di lavoro pomeridiani. Dialogo interreligioso e interculturale Diplomazia e diritto internazionale umanitario, Diversità, Decolonizzare i rapporti internazionali, Disarmare la terra e le economie.
Maggiori informazioni, programma di dettaglio e info per partecipare al LINK

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